27 km di Pensieri...
La prima domanda che mi fanno quando racconto di aver
nuotato per 27km è "A che cosa hai pensato per tutto quel tempo?".
La risposta non è per nulla semplice e scontata. Ma partiamo
dall’inizio.
Da sinistra: Giulio, Alessandro, IO, Alex, Davidone. |
Sono le 5:00 del mattino e mi trovo seduta al tavolo della
cucina con le solite gallette di riso e la marmellata di fichi, la colazione collaudata
pre-traversata. È buio e l'aria fuori è fresca. Il silenzio mi avvolge e il
cuore inizia già a battere forte.
Sono le 6:30 del mattino: siamo sulla spiaggia del Lido di
Gozzano, i colori del cielo sono quelli pastello dell'alba, l'aria è frizzante
e si respira tensione. Indosso la muta seguendo un rituale sempre uguale, quei
gesti che donano sicurezza. Respiro, sciolgo le braccia, stretching, giro le
spalle e guardo il lago con aria di sfida: "Oggi sei mio, tutto mio".
Sono le 7:30: sono in acqua circondata dai miei compagni di
sempre Alessandro, Davide e Giulio e da tutti i nuotatori che hanno deciso di
sfidare sé stessi facendo il giro del lago d'Orta a nuoto. Uno sguardo a
Christian, uno a papà e l'ultimo alla mamma. Non so perché, ma mi viene il
magone. Guardo Stefano Falciola: e poi il fatidico VIA. E inizio a nuotare.
Il paesaggio ha qualcosa di magico: le nostre prime
bracciate solcano l'acqua mentre il sole sorge dietro di noi iniziando ad
illuminare il lago e le nostre cuffie.
Dopo quell'attimo, perdo completamente la cognizione del
tempo: non indosso nessun orologio, ho chiesto a Mauro, il mio canoista, di
darmi da bere ogni 45 minuti. Scandisce lui il tempo. Inizia un percorso
faticoso e decisamente in salita verso Omegna: ho la corrente contro, il lago è
mosso, ad ogni respirazione bevo o dal naso o dalla bocca, le mani sbattono
sulle onde senza trovare appoggio.
Più o meno 13km così, in queste condizioni difficili, e mi
sento come una sardina sbattuta qua e là dalle onde…rendo l'idea?
Cerco il Pensiero Positivo: "Dai Fede è una bellissima
giornata di sole e stai nuotando nel tuo lago! È tutto così bello, no? Guarda
c'è la mamma che sorride!". Anche se questi pensieri, non sono esattamente
sufficienti.
Ad un ceto punto intravedo la boa che segna il giro di
Omegna: mai boa gialla fu così bella nella mia vita. Per fortuna sembra che il
vento si sia calmato e riprendo a nuotare in modo coordinato: il gomito
piegato, il braccio che si allunga. Sto bene. Arrivo a Borca e Mauro mi
consiglia di mangiare qualcosa: divoro un miscuglio fatto dalla mamma con
datterina e mandorle in polvere che in quel momento è davvero il cibo più buono
del mondo.
Continuo il viaggio con la bracciata sempre meno efficiente
ma costante e le gambe che non hanno ancora smesso di battere. Che mi obbligo a
non smettere di battere. In quel tratto di lago, in cui sono davvero in mezzo,
canto nelle mente un motivo che mi dia ritmo: canzoni che mi piacciono e mi
fanno compagnia. Mauro mi sostiene con lo sguardo. Un urlo di Gesini: "Dai
Federica forza!". Eh: forza ormai poca!
Superiamo la piazza di Orta, siamo all'angolo di Ortello e
qui mi dico: "Fede da qui la conosci, come un allenamento del sabato
mattina, semplice semplice".
Vedo la boa gialla che indica più o meno Imolo e riprendo
forza. Qui non posso sbagliare: conosco ogni singolo riferimento per sapere
quanto mi manca. E non so se questa consapevolezza sia un bene o un
male...Avanzo, alla mia sinistra la Casa Azzurra...dai Fede ci sei manca
poco...mi sento improvvisamente molle come burro fuso, gli occhi si
chiudono...NO! Chiamo Mauro e mi faccio dare un gel alla frutta: ciliegia e
limone...ma anche questo buono come una pizza Margherita in quel frangente.
Mi riprendo un poco e cerco di allungare la bracciata:
adesso ci siamo davvero. Mauro mi dice che quella che vedo è l'ultima boa: ci arrivo
e alzo la testa. Dalla barca mi dicono che mi manca un km e poi sono arrivata.
Mia mamma dice dai, mio papà dice dai, Christian dice dai...e io rispondo: “Oh
non ce la faccio più.” Perché è vero: non ne ho più, le braccia iniziano a
crollare, le mani sono cotte e fanno fatica a chiudersi ed aprirsi.
Metto la testa sott'acqua e non so che cosa scatta: forse la
vista dell'arco rosso mi ha ridato la forza. Sono nel Golfo del Lido...batto le
gambe, spingo con tutto quello che mi è rimasto dentro, mi appoggio all'acqua e
la tiro, alzo la testa e vedo l'arrivo, respiro, butto fuori, mal di gola, mal
di testa, mal di schiena, viene fuori tutto lì...anche le lacrime. Non ci
credo.
Mauro mi accompagna alla corsia di ingresso e finalmente
l'acqua sotto di me diventa bassa bassa bassa fino al punto in cui appoggio i
piedi e: SONO ARRIVATA. Non ci credo.
Abbraccio Mauro: sono qui grazie alla sua guida. Vado verso
l'uscita e il tappetto rosso. Da qui in avanti per 5 minuti sono solo lacrime
di gioia, abbracci e baci e complimenti di tantissime persone. Mi sento vacillare,
confusa, felice, non capisco, gira tutto, non ci credo, ho freddo ma è una sensazione
indimenticabile. Ho qualcosa in più nel cuore dopo questa esperienza. È come
se scoppiassi di gioia.
E penso: ce l'ho fatta. Non ci credo.
Sono circa le 22:00 del lunedì sera successivo alla Marathon
Swim, mentre scrivo tutto questo dato che ho ancora la memoria fresca su quello
che è successo. Adesso penso che 27km sono davvero tanti e che la fatica si fa
sentire. Non c'è competizione in una nuotata come questa: si è solo in
competizione con sé stessi. Si gioca da soli: sicuramente con il proprio corpo
(che a Omegna mi ha abbandonata); sicuramente con la testa che mi ha sostenuta; sicuramente con il cuore che mi ha fatto pensare: "Oggi non
smetto e nuoto fino alla fine".
Federica
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